Dopo il decesso di M. nel CRA (il CPR francese) di Vincennes lo scorso maggio, pochi giorni fa abbiamo appreso che un’altra persona è morta nel CRA. Si tratta di una persona che, a quanto pare dopo un tentativo di suicidio, è stata mandata in ospedale, dove è morta 10 giorni dopo, il 21 agosto.
Secondo un’intervista pubblicata da Radio France al coordinatore dell’ASSFAM (l’associazione che lavora nel centro di detenzione amministrativa), il medico del centro di accoglienza aveva rilasciato due certificati in cui si affermava che lo stato di salute della persona era incompatibile con la detenzione. Secondo il coordinatore, l’ASSFAM aveva presentato una richiesta di rilascio, respinta dal JLD (il giudice delle libertà e della detenzione, una sorta di magistrato di sorveglianza per i CRA) in prima istanza e poi in appello. L’ASSFAM aveva presentato una richiesta di scarcerazione, respinta dal JLD in prima istanza e poi in appello, e aveva chiesto il rilascio anche alla prefettura, che però aveva rifiutato. Infine, il 20 agosto il JLD ha prolungato nuovamente la sua detenzione amministrativa, nonostante fosse ricoverato in ospedale; è morto il giorno successivo.
La prefettura, come i vari giudici che hanno respinto le domande di messa in libertà e prorogato la detenzione, sapeva che questa persona era in gravi condizioni di salute. Lo aveva detto il medico del CRA, lo aveva detto l’ASSFAM, lo aveva detto l’ospedale. Probabilmente lo aveva detto lui stesso, il che probabilmente non faceva molta differenza visto che i detenuti non hanno il diritto di parlare durante le udienze davanti al JLD.
Tuttavia, i giudici, il prefetto e i poliziotti decidono consapevolmente di ignorare la situazione e di apporre tranquillamente il loro timbro in calce a un foglio che dice: no, ovviamente non c’è alcun problema e il signor X può uscire per un altro ciclo di 30 giorni di detenzione. Ma lo sanno che è morto il giorno dopo?
È esasperante, esasperante per lui e la sua famiglia in primo luogo, e per tutte le morti che non contano; è esasperante vedere che nessuno è ritenuto responsabile della sua morte, né le istituzioni e il sistema di detenzione, né le persone che li incarnano.
Fa rabbia anche vedere che l’ASSFAM non ha ritenuto opportuno comunicare l’accaduto fino al 6 settembre, 15 giorni dopo la morte, quando ha rapidamente sorvolato sui fatti in una domanda di un giornalista, persa proprio alla fine di un articolo. Né hanno ritenuto opportuno informare gli altri detenuti della morte del loro compagno.
Questo è il secondo decesso in tre mesi nel centro di detenzione di Vincennes. Le violenze e le umiliazioni della polizia continuano quotidianamente, nonostante le lotte dei prigionieri (2 scioperi della fame nelle ultime settimane).
Espulsioni, isolamento, cibo avariato e pillole sono la sorte quotidiana dei detenuti. Non abbiamo ancora molte informazioni sulla morte di ormai 2 mesi fa. Ma sappiamo che ogni morte in questa prigione per migranti senza documenti non è un semplice incidente: è il CRA stesso che continua a uccidere.
A bas les CRA, à bas la justice complice !